mercoledì 30 dicembre 2020

Top 20 Albums 2020


Our personal selection of the best 2020 albums, in alphabetical order: 

  • Acid Mammoth - Under Acid Hoof
  • All Them Witches - Nothing as the Ideal
  • Black Rainbows - Cosmic Ritual Supertrip
  • Bologna Violenta - Bancarotta morale
  • Brant Bjork - Brant Bjork
  • Calibro 35 - Momentum
  • Elder - Omens
  • Fontaines D.C. - A Hero's Death
  • Giöbia – Plasmatic Idol
  • Hexvessel - Kindred
  • Idles - Ultra Mono
  • King Buffalo – Dead Star
  • My Dying Bride - The Ghost Of Orion
  • Myrkur – Folkesange
  • Oranssi Pazuzu - Mestarin Kynsi
  • Pallbearer - Forgotten Days
  • Paradise Lost – Obsidian
  • Protomartyr - Ultimate Success Today
  • Shores of Null - Beyond The Shores (On Death And Dying)
  • Sólstafir - Endless Twilight Of Codependent Love
    [E.R.+ R.T.]

domenica 27 dicembre 2020

Top 5 Cover Artworks 2020


Our personal selection of cover artworks of 2020 albums, in alphabetical order:

Acid Mammoth – Under Acid Hoof (Album Art: Branca Studio)

Big Scenic Nowhere – Vision Behind Horizon (Artwork: Max Löffler)

Fontaines D.C. – A Hero’s Death (Artwork: Charlie Drinkwater)

Hexvessel – Kindred (Cover Artwork: Thomas Hooper & Richey Beckett; Layout: Mat McNerney)

Ihsahn – Pharos (Illustrations: Chioreanu Costin; Design: Ritxi Ostáriz; Art Direction: Heidi S. Tveitan)


giovedì 10 dicembre 2020

Cynic - Focus


Cynic - Focus
(Roadrunner Records, 1993)

In Florida, all'inizio degli anni '90, nel bel mezzo dell'esplosione del death metal, una band di ragazzini provò a scomporre il death metal e a ricostituirlo in un'entità liquida e mutevole. Chuck Schuldiner rimase affascinato da questi ragazzi e decise di coinvolgere due di loro nella costruzione di Human, capolavoro del progressive death metal. Poi, nel 1993, i Cynic pubblicarono il loro album d'esordio, un incredibile balzo in avanti per l'intera scena metal, ovviamente rimasto incompreso a quell'epoca. Focus è un album progressive rock nella sua più genuina essenza. Oltre ogni convenzione, Focus esplora dimensioni spirituali con originalità, sia dal punto di vista della musica sia dal punto di vista dei testi. La struttura delle canzoni è contorta e cerebrale, le melodie fluide e emozionanti, gli assoli incredibili, con il loro gusto jazz fusion. La musica frattale dei King Crimson è qui rinata in forma metal.
[R.T.]

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Cynic - Focus
(Roadrunner Records, 1993)

In Florida, at the beginning of the 90s, in the middle of death metal explosion, a teenage band tried to deconstruct death metal and to reform it in a liquid  and changing entity.  Chuck Schuldiner was fascinated by these guys, and he decided to involve two of them in the construction of Human, a masterpiece of progressive death metal. Then, in 1993, Cynic published their debut album, an incredible step forward for the entire metal scene, obviously misunderstood at that time.  Focus is a progressive rock album, in its most genuine exence. Beyond every convention, Focus explores spiritual dimensions with originality, both in lyrical and in musical aspects. Songs structure is cerebral and twisted, melodies are fluid and emotional, and solos are amazing, with their jazz fusion taste. King Crimson’s fractal music was here reborn in a metal form. 

[R.T.]

domenica 15 novembre 2020

Esoteric – A Pyrrhic Existence


Esoteric – A Pyrrhic Existence
(Season of Mist, 2019) 

“E ora affronterai il mare delle tenebre, e ciò che in esso vi è di esplorabile”. Lucio Fulci ci intrappola nel suo L'Aldilà con queste parole e con l’immagine di un deserto sconfinato, avvolto nella nebbia, nel quale corpi umani giacciono come pietrificati. Un deserto gelido, del tutto simile a quello che gli Esoteric utilizzano per rappresentare visivamente la musica del loro ottavo disco. Ancorate a terra come se avessero radici, disperate nel tentativo di allontanarsi da quell'Inferno di immobilità, le figure scheletriche della copertina di A Pyrrhic Existence sembrano i corpi esanimi del film di Fulci, in un ultimo tentativo di tornare alla luce. Ma nella musica della band britannica la luce non filtra. I bagliori che intravediamo all’interno delle sei monolitiche composizioni sono aurore boreali di sintetizzatore. Lampi glaciali che accentuano le ombre. In una stasi che pare ineluttabile, la ricerca spasmodica di un senso - per quanto destinata a fallire - rende la musica viva, anche se sfibrante. Se il mare delle tenebre è esplorabile, lo è anche l’abisso degli Esoteric. Nonostante la psichedelia stordente della band sia utilizzata come un magnete per risucchiare ogni energia, i riff rabbiosi sono come passi che si sollevano pesanti dalle sabbie mobili, e la melodia compare a tracciare nuove strade nel vuoto cosmico. Anche con il loro disco più gelido gli Esoteric mostrano come sia possibile esplorare l’abisso, componendo l’ennesimo capolavoro.

[R.T.]

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Esoteric – A Pyrrhic Existence
(Season of Mist, 2019) 

"And now you will face the sea of darkness, and what is explorable in it". Lucio Fulci traps us in his The Beyond with these words and with the image of a boundless desert, shrouded in fog, in which human bodies lie as if petrified. An icy desert, similar to the one that Esoteric use to visually represent the music of their eighth album. Anchored to the ground as if they had roots, desperate to get away from that Hell of immobility, the skeletal figures on the front cover of A Pyrrhic Existence look like the lifeless bodies of Fulci's movie, in a last attempt to return to the light. But there is no light filtering through the British band's music. The glows that we see inside the six monolithic compositions are synthesizer aurora borealis. Glacial flashes that accentuate the shadows. In a stasis that seems unavoidable, the spasmodic search for meaning - though doomed - makes the music alive, even if exhausting. If the sea of darkness is explorable, so it is Esoteric's abyss. While the band's stunning psychedelia is used as a magnet to suck in all energy, the angry riffs are like footsteps heavily lifting from quicksand, and melody traces new paths in the cosmic void. Even with their coldest record Esoteric show how it is possible to explore the abyss, composing the umpteenth masterpiece.

[R.T.]

giovedì 12 novembre 2020

Idles – Ultra Mono


Idles – Ultra Mono
(Partisan Records, 2020)

La rabbia e il sarcasmo degli Idles sono ciò che ricorderemo di questo 2020 che va in pezzi. Con onestà e idealismo da vecchi punk, gli Idles cercano di scendere a patti con l’immagine che si sono costruiti. Ma prima di riuscirci, ci fanno a pugni e poi ci si ubriacano insieme, come veri hooligans. Cercando di liberarsi delle aspettative che se ne stanno appollaiate come una scimmia sulla loro spalla, scrivono un disco per loro stessi (e per chi vorrà unirsi a loro).
Un disco che è un richiamo ad uno spirito di comunità che sia in grado di generarsi spontaneamente. Una comunità tenuta insieme da una unità di idee, sia politiche che artistiche. Circondandosi di collaboratori illustri (David Yow, Colin Webster, Warren Ellis, Jamie Cullum, Jehnny Beth), gli Idles omaggiano i loro idoli e dando vita ad un gruppo di musicisti al quale il pubblico potrà decidere se aggregarsi, qualora ne condivida gli intenti. “We are derivative […] We are naive. We are sloganeering”. Prendere o lasciare.
Concentrandosi sulla semplicità del riff e sull’immediatezza melodica, Ultra Mono suona meno deflagrante di Brutalism (2017). Ma non perché manchi d’energia, bensì perché questa viene incanalata come il proiettile nella canna di un fucile, anziché essere sbriciolata in schegge da una bomba. Con le sue cavalcate sghembe e nere che sembrano suonate a dorso del ronzino che si trova sulla copertina dell’ultimo Protomartyr, Ultra Mono suona meno irriverente di Joy as an act of resistance (2018). Ma non perché la band inglese abbia perso il senso dell’ironia o il gusto per la dissacrazione punk: bensì perché ora, nel loro 2020, il sorriso sardonico è rivolto verso loro stessi.
Nel 2020 gli Idles sono diventati grandi. E combattono l’eterna battaglia per mantenere la loro innocenza. Se il fatto stesso di essere consapevoli di essere ad un bivio del loro percorso, e di dover cercare di non perdere la strada della loro spontaneità, è un ragionamento razionale che di per sé implica una perdita di genuina spontaneità, Ultra Mono sta lì a dimostrare che una band può aver raggiunto la maturità senza aver perso la scintilla del “qui e ora”. Ed è qui ed ora, in questo 2020 di crisi sociale, che si sta creando una nuova comunità di cui gli Idles sono parte integrante.

[R.T.]

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Idles – Ultra Mono
(Partisan Records, 2020)

Idles’ rage and sarcasm are what we are going to remember of this 2020 which is falling apart. With the honesty and idealism of old punks, Idles try to come to terms with the image they built themselves. But before they do it, they fight it and then get drunk together, like real hooligans. Trying to get rid of those expectations roosted like a monkey on their shoulder, they write an album for themselves (and whoever wants to join them). 

A record that is a call to a community spirit capable of generating itself spontaneously. A community held together by a unity of ideas, both political and artistic. Surrounding themselves with illustrious collaborators (David Yow, Colin Webster, Warren Ellis, Jamie Cullum, Jehnny Beth), Idles pay homage to their idols and give life to a group of musicians to which the public can decide whether to join or not, in case they share their intents. “We are derivative […] We are naive. We are sloganeering". Take or leave.

Focusing on simplicity of riff and melodic immediacy, Ultra Mono sounds less explosive than Brutalism (2017). Yet not because it lacks energy, but because it is channeled like a bullet into the barrel of a gun, rather than being crumbled into splinters by a bomb. With its crooked black rides that seem to be played on the back of the nag on the front cover of the latest Protomartyr album, Ultra Mono sounds less irreverent than Joy as an act of resistance (2018). Yet not because the English band has lost the sense of irony or the taste for punk desecration: but because now, in their 2020, the sardonic smile is turned towards themselves. 

In 2020, Idles have grown up. And they fight the eternal battle to keep their innocence. If the awareness of being at a crossroads in their path, and of having to try not to lose the path of their spontaneity, is a rational reasoning that in itself implies a loss of genuine spontaneity, Ultra Mono is there to demonstrate that a band may have reached maturity without losing the spark of the "here and now". And it is here and now, in this 2020 of social crisis, that a new community is being created of which Idles are an integral part.

[R.T.]

martedì 13 ottobre 2020

Paradise Lost – Obsidian


Paradise Lost – Obsidian
(Nuclear Blast, 2020)

Ogni città ha una locanda sicura, aperta fino a notte fonda. Un rifugio sul quale possiamo contare nelle nottate in cui fuori infuria la tempesta. I Paradise Lost sono quel luogo, nell’universo dell’heavy metal. Quando all’esterno è rimasto silenzio e desolazione, e non riconosciamo più nostri simili, la band inglese ci mostra l’entrata attraverso un arpeggio dal sapore antico. In un attimo siamo in un altro mondo, in un’altra epoca. Una taverna di Winterfell, nell'estremo nord di Westeros. Al suo interno non la stanca rassegnazione di un luogo corroso dall’abitudine, bensì il calore appassionato di un covo di partigiani che progettano battaglie. Qui troviamo facce conosciute, vecchi amici che non si vogliono arrendere, e che mostrano un’energia inesauribile, frutto di una riuscita alchimia. Così, mentre una pandemia congela il mondo della musica, non solo  annichilendo i concerti, ma inibendo anche la pubblicazione dei dischi (che in questa epoca digitale non portano nessun guadagno alle band se non sono accompagnati da un tour), i Paradise Lost vanno controtendenza senza paura e pubblicano uno dei loro dischi migliori. Proseguendo il percorso intrapreso con i due - straordinari - predecessori, la band inglese infonde energia ad uno stile musicale decadente e rassegnato per definizione, mostrando ancora una volta nuove strade. Unendo romanticismo darkwave e potenza heavy metal, grazie anche al presioso contributo del giovane batterista Waltteri Väyrynen, i Paradise Lost compongono il loro disco più epico e grandioso, senza mai perdere il focus introspettivo che li ha sempre caratterizzati. La luce della locanda è accesa, in mezzo alla tormenta. Sta a noi entrare e unirsi alla resistenza.
[R.T.]

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Paradise Lost – Obsidian
(Nuclear Blast, 2020)  

Each town has a safe inn, open til late at the night. A shelter we can count on in those nights when  outside the storm is raging. Paradise Lost is that place, in the universe of heavy metal. When outside there are only silence and desolation, and we no longer recognize our fellowmen, the English band shows us the entrance through an arpeggio with an ancient flavour. In a moment we are in another world, in another era. A tavern in Winterfell, in the far north of Westeros. Inside it there isn't the tired resignation of a place corroded by habit, yet the passionate warmth of a hideout of partisans planning battles. Here we find familiar faces, old friends who do not want to give up, and who show inexhaustible energy, result of successful alchemy. So, while a pandemic freezes the world of music, not only annihilating concerts, but also inhibiting the release of records (which, in this digital age, do not bring any profit to the bands if they don't go on tour), Paradise Lost go fearlessly against this trend and release one of their best records. Combining darkwave romanticism and heavy metal power, thanks also to the precious contribution of the young drummer Waltteri Väyrynen, Paradise Lost compose their most epic and grandiose album, without ever losing the introspective focus that has always characterized them. The inn's light is on, amidst the blizzard. It is up to us to come in and join the resistance.
[R.T.]

giovedì 17 settembre 2020

Calibro 35 - 01.08.2020 - Rocca Malatestiana (Cesena)

 

Calibro 35 - 01.08.2020 - Rocca Malatestiana (Cesena)

Dopo tutti questi mesi ed ancora in mezzo a tante incertezze, il concerto dei Calibro 35 di stasera ha tutte le carte in regola per essere definito un evento eccezionale. E come tale l'ho vissuto. Quasi fosse una prima volta in senso assoluto.

L'organizzazione dell'evento è stata praticamente perfetta. E in un momento come questo, in cui c'è una certa tendenza al lassismo e opposte correnti tirano da una parte e dall'altra, vale la pena sottolinearlo.

Tornare ad un concerto dal vivo dopo tutti questi mesi mi ha fatto davvero riassaporare la bellezza di quando, ragazzina, andavo per la prima volta nei locali o ai primi festival, ed ero elettrizzata dall'evento, dalla bellezza unica che solo la musica dal vivo è capace di sprigionare. Perché un concerto è qualcosa che va oltre la musica. E' quell'unicum che viene fuori dall'unione di musica, band, locale, persone, atmosfera, e molto altro ancora. Potrai sentire mille volte una stessa band dal vivo, ma non ascolterai mai lo stesso concerto. 

In effetti i Calibro 35 li ho già sentiti svariate volte. E se mai nessuna volta è stata uguale alla precedente, questo concerto è stato quasi come sentirli per la prima.

Molti i pezzi dal nuovo Momentum, uscito ad inizio anno, quando ancora a malapena si parlava di pandemia. Se già il disco mi era piaciuto, dal vivo le nuove canzoni fanno sentire ancora più chiara la loro voce, rimarcando le nuove sfumature e la crescita della band milanese. Appunto di crescita ed evoluzione si tratta, e non di rottura. E lo si capisce bene guardando al quadro che compongono inserite nel resto della loro produzione, nell'alternanza fra le vecchie e le nuove tracce. Un tessuto coeso e ricco di sfaccettature. Una colonna sonora - addirittura un vero e proprio film - che tocca moltissimi temi ed emozioni, con grande ricchezza espressiva. Il set di stasera, la meravigliosa cornice della Rocca Malatestiana di Cesena, ha completato il quadro, rendendo davvero perfetto questo momento. 

Voglio tornare a vivere più spesso la musica dal vivo. Con nuove cornici e nuove modalità come stasera, magari. L'importante è che la musica continui a uscire dalle casse, giù dai palchi, davanti ad un pubblico di persone in carne e ossa.

[E.R.]


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Calibro 35 - 08.01.2020 - Rocca Malatestiana (Cesena)

After all these months and still in the midst of so many uncertainties, tonight's Calibro 35 concert has what it takes to be defined as an exceptional event. And as such I lived it. As if it were a first time in an absolute sense.

The organization of the event was practically perfect. And at a time like this, when there is a certain tendency to laxity and opposite currents pull from one side to the other, it is worth pointing it out.

Returning to a live concert after all these months made me really savour the beauty of when, as a young girl,  for the first time I went to clubs or festivals, and I was thrilled by the event, by the unique beauty that only live music is capable of unleashing. Because a concert is something that goes beyond music. It is that unicum that comes out of the union of music, band, club, people, atmosphere, and much more. You might listen to the same band live a thousand times, but you will never listen to the same concert.

Many pieces from the brand new Momentum, released at the beginning of the year, when there was still hardly any talk of a pandemic. If I already liked the album, live the new songs make their voices even clearer, underlining the new nuances and the growth of the band. It is a matter of growth and evolution, and not of rupture. And it can be understood looking at the painting they make up inserted in the rest of their production, in the alternation between the old and the new tracks. A cohesive and multi-faceted fabric. A soundtrack - even a movie - that touches many themes and emotions, with great expressive richness. Tonight's set, the wonderful setting of Rocca Malatestiana in Cesena, completed the picture, making this moment truly perfect.

I want to go back to concerts more often. With new settings and new modes like tonight, maybe. What matters is that music keeps going out of the speakers, down from the stages, in front of an audience of people in flesh and blood.

[E.R.]