venerdì 31 marzo 2017

Blaak Heat - Shifting Mirrors


Blaak Heat - Shifting Mirrors
(Svart Records, Tee Pee Records, 2016)

Cancellare i confini, come un’onda del mare fa con i segni sulla sabbia. La musica dei Blaak Heat è l’onda oceanica che si diverte a fondere tra loro granelli di colore e provenienza diversa, costruendo castelli ad un passo dalla riva, per poi deformarli e liquefarli. Un’onda che nasce dal cuore dell’Europa (Parigi, città di fondazione della band) per arrivare a Los Angeles (città di stanziamento del gruppo, a partire dal 2012). Il tragitto musicale percorso è però molto più lungo e tortuoso di quello che geograficamente unisce le due metropoli. Dopo una capatina nella Germania dei primi anni '70 - per assorbire la vastità cosmica e lo spirito esploratore degli Agitation Free - e prima di attraversare l’Oceano Atlantico - per partecipare a qualche antico rito a base di peyote nella tenda di una tribù degli indiani d’America - l’onda musicale dei Blaak Heat trova la sua illuminazione nel cuore del Medioriente. Ai piedi di qualche montagna afghana, o sulle rive meridionali del Mar Nero, il trio raccoglie e rielabora il nucleo melodico e ritmico di Shifting Mirrors prima di fonderlo con vulcaniche esplosioni heavy psych, polverose come il desert rock californiano. Negli sconfinati deserti asiatici vengono raccolti e rielaborati i semi di una nuova psichedelia. E questi non vengono semplicemente inglobati in un tessuto rock occidentale alla stregua di esotici souvenir turistici, bensì fusi armoniosamente con le radici della band. Miscela equilibrata, fluida e matura, che in un’epoca di rigurgiti nazionalisti e scontri di religioni e civiltà, mostra un’implicita valenza politica, oltre che musicale. Una lezione da assaporare ed assimilare a pieno.
[R.T.]
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Blaak Heat - Shifting Mirrors
(Svart Records, Tee Pee Records, 2016)

Erase boundaries, like a sea wave erase signs on the sand. Blaak Heat music is the ocean wave having fun in melting together grains of different colors and backgrounds, building castles one step away from the shore, to deform and melt them away. A wave that comes from the heart of Europe (Paris, city where the band formed) to land in Los Angeles (new homeland of the band from 2012). The musical journey is however much longer and more tortuous than that one geographically connecting the two cities. After a short visit in Germany in the early 70s - to absorb the cosmic vastness and explorer spirit of Agitation Free - and before crossing the Atlantic Ocean - to take part in some peyote-based ancient ritual in the tent of a tribe of Indians of America - the musical wave of Blaak Heat finds its inspirtaion in the heart of the Middle East. At the foot of an Afghan mountain, or on the southern shores of the Black Sea, the trio collects and reworks the melodic and rhythmic core of Shifting Mirrors, before melding it with volcanic heavy psych explosions, dusty as the Californian desert rock. In the boundless Asian deserts the seeds of a new psychedelia are collected and processed. And they are not simply embedded in a Western rock matrix as exotic tourist souvenirs, yet they are harmoniously fused with the roots of the band. In this age of nationalist resurgence and clashes of civilizations and religions, a balanced, smooth and mature blend that shows an implicit political value, as well as a musical one. A lesson to be deeply enjoyed and understood.
[R.T.]

mercoledì 29 marzo 2017

Russian Circles + Cloakroom - 03.03.2017 - The Cage Theatre (Livorno)


Russian Circles + Cloakroom - 03.03.2017 - The Cage Theatre (Livorno)

Potenti. Giganteschi. Catartici. Se ad aprile scorso il trio di Chicago mi aveva colpito per la potenza mostrata dai loro pezzi nella dimensione live e per come i tre musicisti si ergevano come giganti sul palco dell'Electric Ballroom, questa volta c'è un terzo valore aggiunto nel loro concerto: un'emotività davvero rara, davvero catartica.

Ad introdurre la serata i Cloakroom, con il loro post rock intriso di shoegaze. Interessanti ed efficaci in un alcuni brani ed in un alcuni passaggi contraddistinti da crescendo ed aperture distorte, il trio dell'Indiana tende ad adagiarsi un po' troppo sugli stilemi del genere di riferimento e a volte perde quel mordente e quella capacità di fascinazione che sono invece il punto di forza dei grandi nomi del post rock. 

Poi Russian Circles. E per un'ora e mezzo si è catturati e monopolizzati dalla loro opera rock. Non è solo la loro musica ad essere senza parole, anche i 3 musicisti non proferiscono una sola sillaba e sono assolutamente concentrati - e centrati - nella loro musica, un tutt'uno con i loro strumenti. Il muro di suono è imponente e il passaggio da un pezzo all'altro avviene quasi senza soluzione di continuità. La scaletta è ampia e varia, e i brani del loro ultimo album - Guidance - risuonano in tutta la loro bellezza, confermando quella che per me è una produzione tutta in ascesa. La sezione ritmica è sostanzialmente perfetta, basso e batteria lavorano con una sinergia invidiabile, passandosi costantemente - ed abilmente - il ruolo di motore della band. La chitarra di Mike Sullivan è la voce narrante, che indossa i panni di tutti i protagonisti del racconto, dando voce ad ognuno di loro. Se su disco affascinano, dal vivo i Russian Circles ammaliano e stordiscono. Provare per credere! 
[E.R.]
   

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Russian Circles + Cloakroom - 03.03.2017 - The Cage Theatre (Livorno)

Powerful. Gigantic. Cathartic. If last year in April, the trio from Chicago impressed me for the power shown by their songs in live performances and the way the three musicians stood like giants on the stage of the Electric Ballroom, this time there is a third added value in their concert: a really rare - really cathartic - emotionalism.

Cloakroom to introduce the evening the, with their shoegaze-soaked post rock. Interesting and effective in some tracks and in a few passages characterized by crescendo and distorted openings, the Indiana trio tends to recline a bit too much on the stylistic features of the genre of reference and sometimes it loses the mordant and the capacity of fascination that are instead the strength of the big names of post rock.

Then Russian Circles. And for an hour and a half the listener is captured and monopolized by their rock opera. It is not just their music to be speechless, even the three musicians did not utter a single syllable and they are absolutely focused - and intent - in their music, all in one with their instruments. The wall of sound is impressive and the transition from one piece to another takes place almost seamlessly. The setlist is wide and varied, and songs from their latest album - Guidance - resonate in all their beauty, confirming what for me is a production all on the rise. The rhythm section is substantially perfect, bass and drums work with an enviable synergy, constantly - and skillfully - swaping the role of the band engine. Mike Sullivan guitar is the narrator, who takes on the role of all the protagonists of the story, giving voice to each of them. If they fascinate on recordings, in concerts Russian Circles stun and bewitch. Seeing is believing!
[E.R.]


lunedì 27 marzo 2017

Ozric Tentacles - Erpland


Ozric Tentacles - Erpland
(Dovetail Records, 1990)

Lontani anni luce dalla musica degli anni '80 (anche da quella alternativa!), all'inizio della decade gli Ozric Tentacles riportano in vita lunghe jam session lisergiche per colorare i festival underground inglesi. Nel mondo della musica indipendente le sonorità psichedeliche erano ancora vive, ma - perduta la loro libertà, complessità ed estemporaneità - erano divenute una sorta di esperimento per arricchire la filosofia post punk e new wave. L'omaggio degli Ozric Tentacles ai suoni allucinogeni dello space rock progressivo degli anni '70 è invece travolgente e in costante movimento. Dopo anni di musicassette autoprodotte, Erpland è la maturazione definitiva della loro musica strumentale ironica e divertente, senza nessuna pretesa intellettuale. Come una bolla fluttuante Erpland vaga nel cosmo psych andando incontro alla follia dei Gong, agli eccessi degli Hawkwind e alle meditazioni elettroniche dei Tangerine Dream. Il tributo perfetto alla filosofia hippie.
[R.T.]
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Ozric Tentacles - Erpland
(Dovetail Records, 1990)

Light years away from 80s music (even alternative one!), at the beginning of the decade Ozric Tentacles awakened long lysergic jam sessions to color underground English festivals. In independent music world psychedelic sounds were still alive, but - lost freedom, complexity and extemporization - they had become an experiment to enrich post punk and new wave philosophy. Ozric Tentacles homage to hallucinogen sounds of 70s progressive space rock is overflowing and in constant motion instead. After years of self-produced audio cassettes, Erpland  is the definitive maturation of their ironic and funny instrumental music, without any intellectual claim. As a floating bubble Erpland wanders in psych cosmos, meeting Gong craziness, Hawkwind excesses and Tangerine Dream electronic meditations. Perfect tribute to hippie philosophy.
[R.T.]

giovedì 23 marzo 2017

Nick Oliveri - 25.02.2017 - Cafè Albatross (Pisa)


Nick Oliveri - 25.02.2017 - Cafè Albatross (Pisa)

Il tour solista di Nick Oliveri deve essere una prescrizione medica del suo psicoanalista, secondo me. Suonare, suonare, suonare. Sempre. Anche quando le sue (innumerevoli) band sono a riposo. Mai lasciare accumulare energia troppo a lungo. Mai fermarsi. La terapia prevede una serie di concerti acustici, in cui magari Nick possa dar sfogo alla sua adrenalina in modo più controllato, consapevole e autolimitante. Il medico, però, non ha fatto i conti col suo paziente. Anche una chitarra acustica e un locale minuscolo riescono a liberare in modo irrazionale e prorompente la sua energia. Nessuno si aspetti quindi brani riarrangiati per l’occasione, scaletta studiata razionalmente e meticolosamente, esecuzione formalmente perfetta. Né tantomeno candele, sgabello e atmosfera intima da Mtv unplugged. A parte alcuni brani dei Queens of the Stone Age (Auto Pilot, Another Love Song) che si prestano meglio alla rilettura acustica - e che suonano davvero emozionanti, mostrando il lato più “sensibile” di Nick - per il resto siamo travolti dalla furia di un concerto punk suonato solo con un microfono e una chitarra acustica. Nick parte a briglia sciolta urlando fino ad ingoiare il microfono, con le vene del collo pronte ad esplodere, e si diverte come un matto. Non si accorge che dietro di lui non c’è nessuna band ad accompagnarlo e che non ha un distorsore tra i piedi. Anzi, pare proprio a suo agio nel non nascondere la sua energia dietro un muro di distorsione. La voce - sempre potente, sporca e rabbiosa - è ciò che tiene in piedi il lato musicale del suo show, nel complesso certamente non impeccabile. Perché di show si tratta, più che di concerto. Uno show in cui lo scambio con il pubblico è continuo (al punto da invitare qualcuno del pubblico a suonare la chitarra su Feel Good Hit of the Summer per consentirgli di cantare in libertà) e le bevute offerte (e ricambiate) sono innumerevoli. Forse lo scopo terapeutico del tour è stato raggiunto. Non grazie all’autocontrollo che un concerto acustico solista avrebbe potuto determinare (la serata si conclude con Nick tarantolato che sbraita i versi di Six Shootera cappella” – definizione sua) , ma certamente grazie ad un notevole approfondimento delle relazioni e dei rapporti umani. Oltre che del divertimento. Perché Nick si diverte e fa divertire un Albatross stracolmo. Come non voler bene a Nick?
[R.T.]
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Nick Oliveri - 02.25.2017 - Cafè Albatross (Pisa)

Nick Oliveri solo tour must be a prescription of his psychoanalyst, in my opinion. Play, play, play. Always. Even when his (many) bands are resting. Never accumulate energy  too long. Never stop. The therapy involves a series of acoustic concerts, where maybe Nick could pour out his adrenaline in a more controlled conscious and self-limiting way. The doctor, anyway, has not come to terms with his patient. Indeed, even an acoustic guitar and a tiny club are enough to free his energy in an irrational and exuberant way. So, no one should expect rearranged songs for the occasion, nor a rationally and meticulously studied setlist, nor formally perfect execution. Nor even candles, stool and that intimate atmosphere of MTV Unplugged. Apart from a few Queens of the Stone Age songs (Auto Pilot, Another Love Song) which are better suited to the acoustic reinterpretation - and that sound really exciting, showing Nick most "sensitive" side - the rest is the overwhelming fury of a punk concert played with only a microphone and an acoustic guitar. Nick shouts to the point of swallowing the microphone, with neck veins ready to explode, and having a lot of fun. He does not realize that behind him there is no band and that there is no distortion pedal under his feet. Indeed, he seems at ease in not hiding his energy behind a wall of distortion. His voice - always powerful, dirty and angry - is what sustain the musical side of the show, on the whole certainly not flawless. Because this is a show, more than a concert. A show in which the exchange with the audience is continuous (to the point of inviting someone in the audience to play guitar on Feel Good Hit of the Summer to let him just sing the song) and drinks offered (and returned) are countless. Perhaps the therapeutic purpose of the tour has been reached. This is not due to the self control that an acoustic solo concert could determine (the evening ends with frenzy Nick yelling Six Shooter "a cappella" - his own words), but certainly it is due to a significant deepening of human relations. And fun. Because Nick enjoys himself a lot  and entertains a packed Albatross. How not to love Nick?
[R.T.]

lunedì 20 marzo 2017

Codeine - Frigid Stars LP


Codeine - Frigid Stars LP
(Glitterhouse Records, Sub Pop, 1990)

Estate 1990. In un seminterrato di Brooklyn i tre membri dei Codeine registrano l’album di debutto. Da quello scantinato nasce una musica desolata, disillusa, stanca. Fiacca il respiro come l’afa estiva, isola e avvolge come la nebbia autunnale, ipnotizza come le luci della metropoli osservate dal finestrino di un’auto che corre sulla strada bagnata. Intimo e ipnotico, scivola a ritmo lentissimo nel vuoto di una solitudine che non ha alternative. Un noise rock caratterizzato da arpeggi delicatamente dissonanti, rintocchi ritmici al rallentatore e avvolgenti squarci di distorsione. Nichilista e stanco, Frigid Stars è un baratro verso il quale si è fatalmente attratti. A momenti intimo, a momenti epico. Mai eccessivamente enfatico. Esistenziale e catartico, nella sua semplicità Frigid Stars è originale e unico come certi dischi di Neil Young e Nick Drake. Nonché fonte di ispirazione per tutti i gruppi che negli anni a seguire si sono ammantati del titolo slowcore o post rock - dai Low ai Mogwai, dai Bark Psychosis ai Godspeed You! Black Emperor.
[R.T.]
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Codeine - Frigid Stars LP
(Glitterhouse Records, Sub Pop, 1990)

Summer of 1990. In a Brooklyn basement Codeine record their debut album. From that basement a desolate, disillusioned, jaded music comes out.  It takes your breath away as summer sultriness, it isolates and envelops you as autumn fog, it hypnotizes you as the lights of a metropolis watched through a car window running on a wet road. Intimate and hypnotic, it slides slowly into the void of a loneliness without alternatives. A noise rock with delicate dissonant arpeggios, rhythmic strokes in slow motion and enveloping glimpses of distortion. Nihilistic and tired, Frigid Stars is an abyss towards which the listener is fatally drawn to. Sometimes it sounds intimate, sometimes epic. Never too emphatic. Existential and cathartic, in its simplicity Frigid Stars is original and unique  as certain albums by Neil Young and Nick Drake. And also a source of inspiration for all post rock and slowcore bands - from Low to Mogwai, from Bark Psychosis to Godspeed You! Black Emperor.
[R.T.]

giovedì 16 marzo 2017

Mare + Employed To Serve + Hyperwülff - 11.02.2017 - Freakout Club (Bologna)


Mare + Employed To Serve + Hyperwülff - 11.02.2017 - Freakout Club (Bologna)

Nel mio periodo di tossicodipendenza da novità musicali (intorno alla metà degli anni '00) con scaricamento selvaggio, incontrollato e compulsivo di mp3 , mi sono imbattuto nell’EP di esordio di una band canadese dal nome italiano: Mare. Il loro post metal trascendeva quello in voga all'epoca, inoltrandosi in territori ai confini del jazz, e quell’EP (unica pubblicazione della band prima dello scioglimento) viene ancora oggi considerato una perla rara - e di straordinaria bellezza - in ambito di musica pesante e sperimentale. A distanza di molti anni la band si è riformata (da trio si è trasformata in duo, per la verità) e l’occasione di assistere ad un concerto di un gruppo di culto come questo non voglio proprio perdermela.

I primi a salire sul palco del Freakout sono gli Hyperwülff. Il duo bolognese si conferma una macchina da guerra, liberando una raffica di riff pesantissimi, ma al tempo stesso dinamici. Sludge metal diretto e compatto con la rotondità dello stoner e qualche accenno space rock (esplicitato dalla cover di Set the Control for the Heart of the Sun). Ancora una volta davvero grandi!

I giovanissimi inglesi Employed to Serve sono un vero e proprio cataclisma. Il loro post hardcore è schizzatissimo e incontrollabile (come il chitarrista che scende in mezzo al pubblico per dimenarsi come un indemoniato). Complesse ma sempre scorrevoli, le loro canzoni uniscono furia hardcore e violenza death metal, annodandosi in riff moderni - talvolta a rotta di collo, talvolta cadenzati (scuola Botch) - e dissonanze "meshuggiane". Il growl della cantante è efficace in quanto potente, sporco e assolutamente naturale. Ottima scoperta!

Pur essendo solo in due sul palco, i Mare riescono a creare un incredibile universo di suoni. Una musica complessa, stratificata, in continuo movimento e perenne variabilità, che offre pochi spunti ai quali aggrapparsi, ma dentro la quale è bellissimo perdersi. Muri di distorsione e growl profondissimi si affiancano a passaggi jazzati, molto soffici, guidati da una voce pulita, incredibilmente luminosa (anche se non sempre perfetta). Siamo dalle parti dei Kayo Dot ma, a differenza della band di Toby Driver, i Mare riescono a suonare coesi, fluidi e coinvolgenti anche dal vivo. Una musica al di là dei confini di genere, difficilmente catalogabile, affascinante proprio perché va a toccare le corde emotive dell'ascoltatore, più che quelle razionali.

Unica "pecca" della serata: al banchetto della band non era presente lo storico EP. Non ci resta che attendere una ristampa e - magari! - la pubblicazione di un nuovo lavoro.
[R.T.]
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Mare + Employed To Serve + Hyperwülff - 02.11.2017 - Freakout Club (Bologna)

During my period of addiction to new music (mid 00s), characterized by wild uncontrolled and compulsive mp3 download, I came across the debut EP of a Canadian band with an Italian name: Mare. Their post metal transcended the one in vogue at the time, venturing into territories on the borders of jazz, and that EP (the only release before the band split) is still today considered a rare - and extraordinarily - beautiful pearl in the field of heavy and experimental music. After so many years the band reformed itself (the trio became a duo, to be exact) and  I do not want to miss the chance to attend the concert of a cult band like this. 

First on Freakout stage are Hyperwülff. The duo from Bologna confirm to be a war machine, releasing a burst of heavy, yet at the same time dynamic, riffs. Direct and compact sludge metal with the plumpness of stoner and some space rock hints (made explicit by the cover of Set the Control for the Heart of the Sun). Once again really great!

The young English band Employed to Serve is a real cataclysm. Their post hardcore is crazy and uncontrollable (as their guitarist coming down into the audience thrashing about like a madman). Complex yet always fluid, their songs combine hardcore fury with death metal violence, through modern - sometimes at breakneck speed, sometimes cadenced (Botch school) - riffs and Meshuggah-style dissonances. The growl of the singer is effective being at the same time powerful, dirty and absolutely natural. Great discovery!

Even though they are only two on stage, Mare are able to create an incredible universe of sounds. A complex, layered, constantly moving and perpetually variable music which offers a few handles to hold on, but inside which it is beautiful to get lost. Walls of distortion and ultra-deep growl occur alongside very fluffy jazzy phrasings, guided by a clear, incredibly bright (though not always perfect) voice. We are close to Kayo Dot, yet - unlike Toby Driver band - Mare play cohesive, fluid and engaging, even live. Music beyond the boundaries of genre, difficult to categorize, fascinating precisely because it touches the emotional chords of the listener, rather than rational ones. 

The only "flaw" of the eveningt: no trace of the mythical EP at the band stand. We just have to wait for a reprint and - hopefully! - for the realease of a new album!
[R.T.]




lunedì 13 marzo 2017

Mudhoney - Superfuzz Bigmuff plus Early Singles


Mudhoney - Superfuzz Bigmuff plus Early Singles
(Sub Pop, 1990)

La spontaneità dei suoi anni undergound è ciò che il successo strappò via alla musica di Seattle. Questa compilation contenente i primi singoli ed EP dei Mudhoney è probabilmente la migliore testimonianza di quella fase. Abbandonati i Green River, Mark Arm crea un nuovo suono che combina il garage rock sudato degli Stooges con il noise rock dei Sonic Youth. Una delle prime rivisitazioni della musica del passato, guardando alle innovazioni e alla filosofia del rock indipendente, chiave per il successo del grunge rock.  A partire dalla stessa foto di copertina, questa compilation esprime l'energia di una scena musicale in espansione, all'epoca ancora confinata in piccoli club. Suoni super-fuzzosi, esplosioni noise, accelerazioni punk e rallentamenti stoner: nessun altro come i Mudhoney negli anni '80 sarebbe riuscito a descrivere cosa stava nascendo a Seattle. E nessuno riuscirà a ripeterlo con la stessa ironia e spontaneità. 
[R.T.]
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Mudhoney - Superfuzz Bigmuff plus Early Singles
(Sub Pop, 1990)

The spontaneity of its underground years is what success mainly tooks away from Seattle music. This compilation of Mudhoney early singles and EPs is probably the best evidence of that phase. Abandoned Green River, Mark Arm creates a new sound that combines Stooges sweaty garage rock with Sonic Youth noise rock. One of the first revitalizations of the music of the past, towards innovations and philosophy of independent rock, key to success of grunge rock. Since the cover photo, this compilation expresses the energy of an expanding musical scene, yet still confined in small clubs. Hyperfuzzed sounds, noise explosions, punk accelerations and stoned slowdowns: nobody could describe what it was being born in Seattle as Mudhoney did in the 80s. And nobody will be able to repeat it with the same irony and spontaneity.
[R.T.]

sabato 11 marzo 2017

Monkey 3 – Astrasimmetry


Monkey 3 – Astrasimmetry
(Napalm Records, 2016)

Partendo dall'idea che le costellazioni abbiano un influsso sulla vita degli uomini, i Monkey 3 si prendono l’impegno di studiare queste forze. Per farlo compongono 12 brani (uno per ogni segno dello zodiaco) suddivisi in 4 insiemi (uno per ogni elemento alchemico: Acqua, Aria, Terra, Fuoco) di puro space rock astrologico. La base di decollo è situata nel mezzo di un deserto, costellato di imponenti e grandiose melodie di tastiera di impostazione progressiva, che a tratti si ergono come vere e proprie piramidi di suono (Moon). Abbandonato il suolo terrestre, la musica fluttua leggera, guidata da un basso morbido e rotondo che si avvolge in riff ipnotici – a metà strada tra i Pink Floyd di A Saurceful of Secrets e gli Om -  fondendosi con una chitarra liquida, luminosa e calda, esplicitamente gilmouriana. Lo studio intrapreso dalla band svizzera, più che un’esplorazione scientifica degli angoli sconosciuti del cosmo, è una ricerca storica, dalle origini dello space rock fantascientifico fino alle sue moderne manifestazioni stoner e progressive. Un affascinante trattato di storia dei viaggi intergalattici. I risultati dello studio dimostrano quanto il cosmo (e la musica ad esso ispirata) abbia un potere sugli esseri umani, infinitesimali creature che si lasciano ipnotizzare e rapire dalle onde liquide di canzoni come Endless Ocean, sorta di proiezioni mentali del pianeta Solaris.
[R.T.]
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Monkey 3 – Astrasimmetry
(Napalm Records, 2016)

Starting from the idea that constellations have an influence on the lives of human beings, Monkey 3 undertake to study these forces. To do this they compose 12 tracks (one for each sign of the zodiac), divided into 4 sets (one for each element of alchemy: Water, Air, Earth, Fire), of pure astrological space rock. The take-off base is located in the middle of a desert, studded with impressive progressive rock keyboards melodies, at times standing out like real pyramids of sound (Moon). Abandoned the Earth ground, music floats lightly, led by a soft plump bass guitar wrapping itself in hypnotic riffs – halfway between Pink Floyd (A Saurceful of Secrets era) and Om -  fusing together with a liquid bright warm guitar, explicitly inspired by David Gilmour. Rather than scientific exploration of the unknown corners of the cosmos, the study undertaken by the Swiss band is a historical research, from the beginning of the sci-fi space rock up to its modern stoner and progressive expressions. A fascinating treatise on the history of intergalactic travels. The results of their study show how the cosmos (and the music it inspired) has a power over human beings, tiny creatures who allow themselves to be hypnotized and abducted by the liquid waves of songs like Endless Ocean, sort of mental projections of the planet Solaris.
[R.T.]

giovedì 9 marzo 2017

There Will Be Blood + G-Fast One Man Band - 27.01.2017 - FOMO Fuzz'N'Roll Fest, Villa Guerrazzi (Cecina, LI)

There will be Blood + G-Fast One Man Band
27.01.2017 - FOMO Fuzz'N'Roll Fest, Villa Guerrazzi (Cecina, LI)

Arrivati nella bella location di Villa Guerrazzi a Cecina, mi ritrovo davanti ad un palco che non c'è, nella penombra punteggiata delle molte lampadine pendenti dal soffitto e con Gianluca Fasteni - aka G-Fast One Man Band - circondato della sua numerosa e multi-sfaccettata strumentazione. I progetti solisti mi incuriosiscono sempre, perché  guardo con una certa ammirazione chi sale sul palco da solo, spesso munito di una gran voce, quasi sempre di una gran faccia tosta, ma - obiettivamente - anche altrettanto spesso di discrete doti musicali. Il one man project di stasera non fa eccezione. Fra batteria minimale (cassa e rullante), "chitarre" self-made a tre e una (e perfino nessuna!) corda, altri vari improbabili strumenti e una gran bella voce, G-Fast si diverte e mi appassiona con la sua musica dal sapore un po' western, un po' country, un po' folk e soprattutto dal gran bel tiro.

Si resta un po' sulla stessa lunghezza d'onda atmosferica quando è il turno dei There Will Be Blood. Il loro blues rock ricco di contaminazioni è trascinante fin dalle prime note, e non è proprio possibile rimanere impalati davanti al palco. E' come ritrovarsi in un saloon con un'orchestrina western che intona pezzi sui quali non puoi far altro che attaccare a tenere il tempo e battere le mani (o i piedi! cit). Il suono è caldo e vibrante, ed i tre sono abili bestie da palco, oltre che bravi musicisti. Culmine della serata il finale, con Gianluca Fasteni che si unisce al trio in una sorta di super-jam.

Che questo primo Fuzz'N'Roll Fest - tutto made in Italy - sia precursore di altri eventi con questo marchio di fabbrica!
[E.R.]

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There will be Blood + G-Fast One Man Band
01.27.2017 - FOMO Fuzz'N'Roll Fest, Villa Guerrazzi (Cecina, LI)

Arrived in the beautiful location of Villa Guerrazzi in Cecina, I find myself in front of a non-existent stage, in the dim light studded with light bulbs hanging from the ceiling and Gianluca Fasteni - aka G-Fast One Man Band - surrounded by its numerous and multifaceted instrumentation. I am always curious intrigued by solo projects, because I look with some admiration who takes the stage alone, often equipped with a great voice, almost always
with a bit of irreverence, but - to be honest - also just as often with considerable musical talent. Tonight one man project is no exception. Minimal (just kick and snare) drum, three and one (and even none!) string self-made "guitars", various other unlikely instruments and a very good voice, G-Fast has fun and fascinates me with his music wich sounds a bit western, a bit country, a bit folk and above all has got a great groove.

Almost on the same atmospheric wavelength when it is the turn of There Will Be Blood. Rich in influences and contaminations, their blues rock is enthralling from the very first notes, and it is impossible to remain stuck in front of the stage. It 's like being in a saloon with western orchestra playing songs on which you can not help but  keep time and clap your hands (or stomp your feet down!). The sound is warm and vibrant, and the three are skillful stage beasts as well as good musicians. Peak of the night the last song, with Gianluca Fasteni joining the trio in a sort of super-jam. 

That this first - all made in Italy - Fuzz'N'Roll Fest  may be the forerunner of other events with this trademark!
[E.R.]


lunedì 6 marzo 2017

Sonic Youth - Goo


Sonic Youth - Goo
(DGC, 1990)

Daydream Nation è stato un terremoto nella carriera dei Sonic Youth. Il successo dell'album presso la critica attirò l'interesse delle major e così - all'improvviso - uno dei simboli del rock indipendente americano si ritrovò faccia a faccia con la perdita della sua libertà. L'album successivo - Goo - è immediato come nessun altro album dei Sonic Youth prima di allora: e così fu da molti considerato come un tradimento degli ideali indipendenti. Non è chiaro quanto l'influenza della Geffen abbia trasformato la musica dei Sonic Youth, ma è - adesso - evidente quanto Goo abbia trasformato il rock alternativo. Il controllo delle dissonanze e la loro integrazione in brani punk rock era una caratteristica dei Sonic Youth dai tempi di Sister, ma la capacità di riconciliare sperimentazione ed energia allo stato puro raggiunse il suo vertice più alto proprio con Goo. Diretto, immediato e potente, Goo è incentrato sulle melodie e sulla struttura delle canzoni. Un precursore dell'esplosione dell'alternative rock a venire.
[R.T.]
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Sonic Youth - Goo
(DGC, 1990)

Daydream Nation was an earthquake in Sonic Youth career. The critical acclaim of that album attracted the interest of major labels, and so - quickly - a symbol of American independent rock had to face with its loss of freedom. The following album - Goo - is easy listening as no other Sonic Youth release since then: so it was considered as a betrayal of independent ideals. We don’t know how much Geffen influence had transformed Sonic Youth music, but we now understand how much Goo transformed alternative rock. Dissonance control and its integration in punk rock songs was a feature of Sonic Youth music since Sister, but the capacity to reconcile experimentation with pure energy reached its highest peak in Goo. Direct, immediate and powerful, Goo is focused on melodies and songs structure. A forerunner of the alternative rock explosion near to come.
[R.T.]


venerdì 3 marzo 2017

Electric Citizen - Higher Time


Electric Citizen - Higher Time
(RidingEasy Records, 2016)

Mettete una testa di gatto (nero) in un pentolone, aggiungete occhi di rana, zampe di falena, coda di tritone e amalgamate bene. Per finire, un pizzico di peli di topo e una manciata di penne di gallina (nera anche questa, ovviamente). La ricetta è quella classica che - dai tempi dei pipistrelli ammazzati a morsi da Ozzy - si tramanda lungo la storia dell'hard rock esoterico, della New Wave of British Heavy Metal e del doom metal. Una ricetta che negli ultimi tempi è diventata piatto forte di tanti stregoni (elettrici) e che viene spesso preparata e servita dalle mani di streghe armate di microfono. Gli Electric Citizen non fanno eccezione. Ma ciò che rende particolarmente prelibata la loro pietanza, è il fatto che si tratti di una vera e propria pozione magica che funziona a meraviglia. Al di là del tradizionale odore di zolfo che ricopre i riff sabbathiani, ed al di là della voce di Laura Dolan (al tempo stesso aggressiva e anestetizzata da qualche pozione stordente), quello che colpisce è il fatto che le canzoni siano coinvolgenti per quanto esplicitamente di genere. Impossibile non farsi stregare dalle cavalcate di Social Phobia, dai molleggiati riff di Evil o dal crescendo della title track. Una chitarra, basso e batteria. Qualche accenno di tastiera. Nient'altro. Forse proprio per la loro essenzialità e semplicità, oltre che per l'indiscutibile gusto melodico, gli Electric Citizen riescono a suonare così intensi pur andando a ripercorre un solco che molti, prima di loro, hanno tracciato e reso profondo. Non ci si annoia mai delle vecchie ricette della nonna (strega).
[R.T.]
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Electric Citizen - Higher Time
(RidingEasy Records, 2016)

Put a (black) cat head into a cauldron, add frog eyes, moth legs, a tail of a newt and amalagamate the whole stuff. At the end a bit of mouse fue and a handful of (obviously black!) chicken feathers. From the times of Ozzy killing bats on stage biting their heads off, the recipe is the classic one that has been handed down through the history of esoteric hard rock, NWOBHM and doom metal. A recipe that has recently become highlight of many (electric) wizards and that is often prepared and served by the hands of witches armed with a microphone. The Electric Citizen are no exception. But what makes their dish particularly delicious, is the fact that it is a real magic potion that works wonderfully. Beyond the traditional smell of sulfur covering the sabbathian riffs and beyond the Laura Dolan voice (at the same time aggressive and anesthetized by some stunning potion), what is striking is the fact that the songs are engaging despite explicitly belonging to a specifical genre. Impossible not to be captivated by Social Phobia galloping riffs, by Evil elastic riffs or by the title track crescendo. A guitar, a bass and drums. Some keyboard hint. Nothing else. Perhaps precisely because of their essentiality and simplicity, as well as thanks to the undeniable melodic taste, Electric Citizen succeed in sounding so intense even retracing a track that many, before them, have traced and made deep. You can never get bored of the old (witch) grandmother's recipes.
[R.T.]